Il cambiamento climatico in atto ci richiede un importante cambio di scenario nella gestione della risorsa idrica. L’inusuale siccità degli ultimi anni e la generale obsolescenza degli impianti sollevano nuove problematiche e nuove riflessioni. Non è possibile demandare oltre la definizione di una “priorità” nell’uso dell’acqua disponibile ed è più che mai fondamentale capire come e dove debba essere raccolta, conservata e poi usata.
Sono queste le riflessioni alla base del Convegno Irrigazione collettiva: è già futuro che si terrà giovedì 10 aprile presso l’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche, Aula MAGNA D3A.
Fortemente voluto dal Consorzio di Bonifica delle Marche e realizzato da ANBI Marche, il Convegno vedrà un panel composto da diverse figure istituzionali della regione Marche, responsabili tecnici del Consorzio di Bonifica, principali associazioni di categoria e docenti del mondo accademico fra i quali il Prof. Luigi Ledda dell’Univpm e il Prof. Marco Petitta de La Sapienza.
«I cambiamenti climatici ci hanno mostrato chiaramente la velocità con la quale tutto può mutare. Oggi, l’obiettivo primo, è riuscire a trasformare, tanto l’eccesso quanto il difetto dell’acqua disponibile, in opportunità - spiega Michele Maiani anticipando i temi caldi del Convegno del 10 aprile -. Aldilà di un’oculata gestione della risorsa e di un necessario e radicale cambiamento nelle abitudini di tutti, saranno i grandi investimenti a fare la differenza e la capacità della politica di “sbloccare” i fondi necessari per realizzarli. La priorità è trattenere l’acqua che cade e in Italia ci riusciamo solo con l’11%. Gli invasi devono necessariamente recuperare e mantenere nel tempo la loro capacità di accumulo, invasare l’acqua arginando i danni delle sempre più improvvise e inusuali precipitazioni e infine custodirla per i periodi siccitosi; è possibile pensare anche ad un cambio di destinazione d’uso di dighe già presenti sul territorio dando la priorità all’uso idropotabile e irriguo che non alla produzione di energia idroelettrica. E poi dobbiamo abbracciare l’innovazione tecnologica. Lo deve fare la politica finanziando gli aggiornamenti degli impianti obsoleti o sensibilizzando verso l’uso di software ad hoc, così come l’impresa agricola che deve passare dall’irrigazione dispersiva a quella puntuale».
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